domenica 26 settembre 2021

Transizioni

 Dalla società, da Greta e da chi ha capito la gravità della crisi climatica, arrivano istanze di rinnovamento radicale. Ma naturalmente la politica, e dietro di essa i poteri economici, continuano gattopardescamente a parlare di "transizione ecologica". In pratica si tratta di modificare i sistemi di produzione energetica per abbassare il livello di CO2 atmosferico. Di per sé la cosa sarebbe anche utile, non sembrasse il solito modo del capitalismo di cambiare volto per non cambiare proprio nulla del proprio potere sul globo. Infatti le grandi aziende stanno enfatizzando il loro impegno ambientale e la loro conversione alle energie rinnovabili. Si parla addirittura di nuovo nucleare, un nucleare piccolo e sostenibile. Sicuramente anche il nucleare avrà fatto i suoi progressi tecnologici, ma rimango contraria e non tanto e non solo per gli aspetti di pericolo ambientale. Si potrebbero fare discorsi simili anche per l'energia idroelettrica e per l'eolico. Non c'è nulla che non abbia impatti. E tutto il nuovo (nuovi impianti, nuove centrali) per essere costruito ora ha bisogno di energia derivante da fonti fossili, per la maggior parte. 

Il problema grave a mio avviso è che si continui sempre e solo di parlare di conversione energetica, con gli occhi puntati alla concentrazione di CO2, senza guardare tutto il resto della devastazione ambientale che ha poco o niente a che vedere con l'energia. O meglio, più energia si produce, più la si usa per compiere danni. 

Ci sono problemi che l'energia disponibile non può che favorire: la deforestazione, l'uso indiscriminato del suolo, la produzione agricola per la gran parte destinata a foraggi, gli allevamenti, la perdita di biodiversità, l'inquinamento di acqua, aria e suoli, la produzione di rifiuti, l'invasione delle plastiche (non sarà che, dovendo ripiegare sulla produzione energetica, i petrolieri si butteranno ancora di più sulla produzione dell'usa e getta?), l'estinzione di specie, la diffusione di virus patogeni, gli incendi, la scarsità idrica, ecc. ecc. 

Il problema vero è: cosa ce ne facciamo dell'energia? 

Se l'energia ci serve per mantenere lo stato attuale delle cose, servirà a poco abbassare il livello di CO2 (sempre che ci si riesca, cosa di cui dubito molto). Se l'energia serve a muovere i motori delle motoseghe che abbattono alberi, a muovere veicoli che si spostano da una parte all'altra del globo per motivi futili o per trasportare merci inutili, a costruire armamenti, a produrre montagne di confezioni usa e getta, a far girare le ruote dei trattori che trebbiano foraggi, a far funzionare le mungitrici e i nastri trasportatori di miliardi di corpi animali massacrati per nulla, se insomma l'energia ci servirà solo a mantenere una situazione di distruzione ambientale e di crescenti e disperanti disparità sociali (e nella società ci metto le altre specie, al fondo della piramide dello sfruttamento), non si potrà che continuare a distruggere il pianeta e la nostra specie nel peggiore dei modi.

Lo si dice da decenni e non c'è modo di uscirne, anche dal punto di vista puramente fisico: non ci può essere una crescita infinita su un pianeta finito. Non si possono creare sistemi ordinati a bassa entropia senza aumentare l'entropia dell'ambiente circostante. Né può aumentare indefinitamente la popolazione, già oggi assai superiore a quanto il pianeta possa sopportare (chiaramente con grandi distinguo tra situazioni socio-economico diverse, ma la tendenza è generale), né possono aumentare i consumi senza ulteriori e tragici danni ambientali. La decrescita, che non è necessariamente impoverimento ma sicuramente un'ottica assai più modesta nei consumi fisici, è necessaria, o temo che tra non molto ci saremo costretti, e nei modi più tristi e disuguali (tanto per cambiare). 

Se non si cambia atteggiamento generale, e se non lo si impone alle forze economiche, io purtroppo prevedo un futuro assai misero, se non tragico, per le nuove generazioni.  




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