domenica 13 giugno 2021

I papaveri

 Primi giorni di vera estate e vero caldo. 

Si vorrebbe essere al mare, dentro un ruscello fresco, invece di spera e basta, ché come sempre il dovere incombe. Tra una proposta e l'altra, alla fine mi ritrovo ad uscire da sola per una lunga passeggiata. 

Mi piace camminare, è forse l'attività che preferisco. Si può pensare, si può guardarsi intorno e scoprire cose che di solito non si notano, si possono fare fotografie o semplicemente osservare le piccole e grandi cose che di solito la fretta nasconde. Camminare restituisce il tempo reale e porta praticamente dappertutto. 

Così ho scoperto vie nuove, nuovi giardini, nuove case, e soprattutto i gelsi carichi di frutti che ho mangiato colorandomi le mani di viola, i campi ancora coltivati, i campi incolti, le erbe spontanee, le vitalbe avviluppate sui pioppi e una capinera sull'abete proprio vicino casa. Le canne ai bordi della strada, i rondoni con la prima nidiata già in volo a garrire bassi sopra di me, e tanti papaveri nel prato incolto. 

Su tutto, il caldo e il silenzio della città abbandonata dai sui abitanti che tanta strada fanno per trovare bellezze che tutto sommato possono anche essere molto vicine, se le si preserva.

Ho fatto qualche fotografia, tra qui queste due, ai fiori della vitalba e all'iperico cresciuto in poco terreno arido vicino ai binari della metropolitana.






Le lucciole

Qualche sera fa sono uscita con Macchia per fare il solito giretto, ma volevo vederle, almeno una volta, così ho allungato e mi sono diretta al solito prato vicino alla ferrovia. 

Era tardi e le strade erano deserte, la città assai silenziosa. Ombre nere ogni tanto mi inghiottivano, ma il profumo dei tigli fioriti mi guidava e dava vigore ai miei passi. 

Sono arrivata al prato, ho slacciato il cane, che si è slanciato a correre come sempre, annusando qua e là nell'erba. Tutto era silenzioso ed ero completamente sola. La roggia gorgogliava appena, un rumore sommesso che di giorno non si percepisce mai. 

Ho attraversato il buio sotto i frassini e ho salito la piccola salita della collinetta, poi ho raggiunto la zona incolta al di là, dove sapevo di trovarle. 

ECCOLE! 

Erano lì, come tutti gli anni all'inizio dell'estate, galleggiavano come tante minuscole lanterne luminose dentro un mare scurissimo. Danzavano sopra le erbe, nell'aria che odorava di timo e di piccole erbe nel pieno della loro turgida vita delle piogge d'estate. 

Quando le vedo vengo sempre sommersa dai ricordi. Di quando, da piccola, uscivo con padre e sorella e andavo a inseguirle nel prato fuori casa, per catturarne qualcuna, metterle in un barattolo e poi liberarle poco dopo. Di quando, non molti anni fa, ho visto un prato inondato di piccole luci vicino alla strada sulla via del mare. Di tante volte che, a maggio, uscivo la sera e le vedevo danzare nel prato e nell'orto dietro la casa di famiglia. E' per me sempre un'epifania struggente, un momento di gioia e anche di lacrime, perché io a volte mi perdo e loro invece lo scopro sempre lì, a danzare sul prato la loro breve vita silenziosa e bellissima.

Mi sono voltata, ho ridisceso la collinetta, ho richiamato Macchia e sono tornata a casa. 

So che ci sarete sempre. So che vi troverò oltre la collina, tra le erbe selvatiche e il profumo dei tigli.






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